Tra robot e disabilità: quando la protesi diventa smart

Pubblicato il 11/12/2019 - lettura stimata: 6 minuti

Le ultime scoperte della robotica a supporto della neurochirurgia

Negli ultimi dieci anni, l’idea che il pensiero avrebbe potuto controllare i robot è finalmente diventato una realtà scientifica. Il termine tecnico per questi dispositivi è brain computer interface (BCI) e vanta altri sinonimi come neuroprostetica motoria e neurorobotica.

Si tratta di un nuovo canale di output che, partendo dalle alterazioni elettrofisiologiche del cervello, utilizza questi cambiamenti come segnali per comunicare o controllare alcuni elementi del mondo esterno seguendo l’intenzionalità del soggetto.

Questo tipo di dispositivi permettono di migliorare la qualità della vita di persone che, pur mantenendo inalterato lo status cognitivo, hanno subito gli effetti deleteri di lesioni del midollo spinale, ictus e disturbi neuromuscolari. 

docenti corso ECM

La nuova generazione di dispositivi al servizio della scienza

È importante distinguere la nascita di questi nuovi dispositivi di output (che traducono le intenzioni del soggetto in azioni nel mondo esterno) da quelli che convertono gli stimoli esterni come luce e suono in percezioni visive o uditive (l’esempio più conosciuto è quello dell’impianto cocleare che trasduce il suono in attività neurale).

Nei prossimi anni sarà importante per il neurochirurgo capire cos'è un'interfaccia cervello-computer, il suo principio fondamentale di funzionamento e quali sono i problemi chirurgici salienti a seconda dell'impianto.

Allo stato attuale sono stati fatti passi avanti nel campo della ricerca neuroprostetica motoria, come quelli compiuti dagli scienziati dell'EPFL che hanno sviluppato nuovi approcci per un migliore controllo delle mani robotiche (utili per gli amputati). I nuovi dispositivi combinano il controllo individuale delle dita e l'automazione per una migliore presa e manipolazione efficace.

La tecnologia introdotta dalla neuroprostetica motoria unisce i concetti che provengono da due campi differenti:

  • il contributo della neuroingegneria per la decifrazione del movimento delle dita previsto dall'attività muscolare sul moncone dell'amputato e per il controllo individuale delle dita della mano protesica;
  • il supporto della robotica che consente alla mano meccanica di afferrare oggetti e mantenere il contatto con essi per una presa più robusta.

Decodificare le intenzioni dell’utente? E’ una questione di algoritmi

Aude Billard, dirigente del Learning Algorithms and Systems Laboratory dell'EPFL, afferma: 

"Quando tieni un oggetto in mano e inizia a scivolare, hai solo un paio di millisecondi per reagire. La mano robotica ha la capacità di reagire entro 400 millisecondi. Dotata di sensori di pressione lungo le dita, può reagire e stabilizzare l'oggetto prima che il cervello possa effettivamente percepire che l'oggetto sta scivolando."

L'algoritmo impara innanzitutto come decodificare le intenzioni dell'utente e le traduce in movimenti delle dita della mano protesica. L'amputato deve eseguire una serie di movimenti delle mani per addestrare l'algoritmo che utilizza l'apprendimento automatico.

I sensori posizionati sul moncone dell'amputato rilevano l'attività muscolare e l'algoritmo apprende quali movimenti della mano corrispondono a determinati schemi di attività muscolare. Una volta compresi i movimenti delle dita previsti dall'utente, queste informazioni possono essere utilizzate per controllare le singole dita della mano protesica.

Afferma Katie Zhuang, prima autrice della pubblicazione:

"Poiché i segnali muscolari possono essere rumorosi, abbiamo bisogno di un algoritmo di apprendimento automatico che estrae attività significative da quei muscoli e li interpreti in movimenti.

Successivamente, gli scienziati hanno progettato l'algoritmo in modo che l'automazione robotica entri in azione quando l'utente tenta di afferrare un oggetto.

L'algoritmo dice alla mano protesica di chiudere le dita quando un oggetto viene a contatto con sensori presenti sulla sua superficie. Questa presa automatica è l'adattamento di un precedente studio per bracci robotici progettato per dedurre la forma degli oggetti e afferrarli sulla base delle sole informazioni tattili, senza l'aiuto di segnali visivi. 

Silvestro Micera, presidente della Fondazione Bertarelli dell'EPFL in Neuroingegneria traslazionale e professore di bioelettronica alla Scuola Superiore Sant'Anna in tal senso afferma:

"Il nostro approccio condiviso per il controllo delle mani robotiche potrebbe essere utilizzato in diverse applicazioni neuroprostetiche come protesi della mano bionica e interfacce cervello-macchina, aumentando l'impatto clinico e l'usabilità di questi dispositivi".

Il supporto dei dispositivi neuroprosteici nella neurochirurgia

È un momento emozionante nel campo della neuroprostetica motoria.

Attualmente, la ricerca sta solo iniziando a decifrare le informazioni elettriche che codificano le informazioni nei pensieri di un soggetto umano.

Anche con questo livello base di comprensione, sono stati fatti passi da gigante per dimostrare che la comprensione di questo "codice neurale" può avere un impatto significativo nel potenziamento della funzione per le persone con varie forme di disabilità motorie.

Ciascuna delle piattaforme di segnale ha il potenziale per migliorare sostanzialmente il modo in cui i pazienti con lesioni del midollo spinale, ictus, paralisi cerebrale e disturbi neuromuscolari interagiscono con il loro ambiente.

Vista la rapida progressione di queste tecnologie negli ultimi 5 anni e della concomitante rapida ascesa delle velocità di elaborazione del computer, tecniche di analisi del segnale e idee emergenti per nuovi biomateriali, questi problemi non dovrebbero essere visti come ostacoli. Sono infatti pietre miliari della ricerca che inaugurano una nuova era della neurochirurgia restaurativa, passando da un approccio puramente ablativo a uno che comprende anche tecniche di restauro.

In futuro, le capacità di un neurochirurgo andranno oltre la capacità di rimuovere agenti offensivi come aneurismi, tumori ed ematomi per prevenire il decremento della funzione perché disporrà anche degli strumenti e delle tecnologie necessarie per ripristinare le capacità perse del sistema nervoso.

La sinergia con il personale sanitario come quello infermieristico giocherà un ruolo chiave nella cura e nella riabilitazione delle persone che hanno subito traumi neuromuscolari, come approfondito nel nostro corso ECM FAD "Infermieristica e disabilità", a cura di Elsa Vitale. 

 

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Fonti:

Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, A smart artificial hand for amputees merges user and robotic control, September 11, 2019, in https://www.sciencedaily.com/releases/2019/09/190911113007.htm

Leuthardt E.C.,Schalk G., Moran D., Ojemann J.G., The emerging world of motor neuroprosthetics: a neurosurgical perspective, Neurosurgery 59:1-14, 2006 DOI: 10.1227/01.NEU.0000221506.06947.AC www.neurosurgery-online.com

Zhuang K.Z., Sommer M., Mendez V., Aryan S., Formento E., D’Anna E., Artoni F.,Petrini F., Granata G., Cannaviello G., Raffoul W., Billard A., Micera S. Shared human–robot proportional control of a dexterous myoelectric prosthesis. Nature Machine Intelligence, 2019; 1 (9): 400 DOI: 10.1038/s42256-019-0093-5

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